Dove si racconta di quale strabiliante Processione Sacra sia avvenuta solo togliendo dallo Stretto di Gibilterra quei pilastri che segnavano altrove il Confine del Mondo degli Antichi.

 

Hanno spostato le Colonne d’Ercole da Gibilterra!

Cos’è stato? Un sogno? O era, piuttosto, un’allucinazione?

Un miraggio no, perché poi ho controllato, controllato, controllato. E controllato di nuovo. E sto controllando ancora adesso.

E ne ho già parlato, in segreto, con dei saggi davvero saggi, che mi dicono che sì, che è possibile, probabile, molto probabile… E che è già capitato per tanti altri luoghi, e che, quindi… Comunque, è successo tutto all’improvviso. Ecco, è stato un flash, un lampo: roba di un attimo di quella che, però, ti buca gli occhi, ti mette gli spilli nella schiena, ti scioglie le ginocchia, ti cambia lo sguardo.

E, proprio con quegli occhi nuovi, stai lì a guardare e riguardare, a guardare e riguardare di nuovo. Incantato, atterrito, paralizzato da quel che ti sta succedendo davanti agli occhi. Sì, è stato un flash.

Poi, però, ci ho dovuto faticare quanto per spingere un masso sulla montagna; quanto Ercole per tutte le sue 12 fatiche, senza averne né il fisico, né l’età; quanto Iside per trovare i pezzi del suo Osiride squartato, ma senza tutto quell’amore che aveva lei… Solo uno spasmodico, ineluttabile, tignosissimo bisogno di verifica, di saperlo.

Le ho rimesse dove iniziavano le Terre di Eracle-Melqart

Come raccontarlo… Ho tolto le Colonne di Ercole a Gibilterra. Le ho rimesse dove iniziavano le Terre di Eracle-Melqart, Dio di tutti i Fenici e dei loro mari. Le ho rimesse dove Sabatino Moscati diceva che iniziava la Cortina di Ferro dell’Antichità, dove Esiodo mette la sua Soglia di Bronzo che divide il Giorno dalla Notte.

Le ho rimesse al Canale di Sicilia: la zona blindata, la Frontiera, il Confine. Al di là di Malta c’era il Far West degli anti-chi Greci; i fondali infidi controllati dai Cartaginesi e dalle loro navi, vietati a chiunque fenicio non fosse.

 

Ercole mentre pianta le sue Colonne

Ercole mentre pianta le sue Colonne… (Miniatura di anonimo del XV secolo)

 

Tolte le Colonne a Gibilterra, e… È bastato un attimo: è stato lo spettacolo più maestoso e possente che si possa immaginare. Come raccontarlo… Inimmaginabile se non lo si vede.

Come dover raccontare le Cascate Vittoria, giù in Africa, quando d’improvviso lo Zambesi che fin lì sembrava tutto tranquillo si piega, invece, ad angolo retto per un fronte di un chilometro e corre a suicidarsi giù, in quel canyon stretto stretto, di basalto nero lucente: quel suo mare d’acqua, spezzandosi – inseguito da tutta l’acqua del mondo – martoriato, rimbalzato dalle rocce troppo strette, resuscita in vapore, esplode in mille arcobaleni frantumati, risuona per chilometri con un rombo che lo senti da lontano.

Sembra un dio: un dio infuriato. È un Dio.

È un flusso impetuoso. Inarrestabile: Pure qui allo Stretto di Gibilterra, tolti – anche solo per un attimo, anche solo con gli occhi – quell’Eracle “recente” e le sue minacciose Colonne, d’improvviso – con la corrente forte che rifluisce tra i due promontori che terminano l’Europa e l’Africa rientra nel Mediterraneo tutta la possente sarabanda di miti sconfitti che il tempo ha esiliato fuori di lì, nell’Oceano Atlantico di oggi.

È un flusso impetuoso. Inarrestabile: la più fantastica processione sacra a cui uno possa mai assistere. Secoli e secoli di miti, di mostri ed eroi che rientrano tutt’insieme, a riprendere possesso dei luoghi un tempo soltanto loro.

Un’alluvione di Sacro. E, per antica magia, questo mare nostro d’Occidente senza più storia, disabitato come la Luna, è tornato a essere il mare terribile di Baal e di Kronos: così, ora, si vede che erano i due nomi dello stesso dio. È il Mare di Eracle-Melqart, che governava su tutto il Tramonto. Torna a far paura Poseidone. E Tifone. E i Titani imprigionati, proprio qui, ai confini del mondo degli antichi Greci.